Per la IEA l’idrogeno blu non è solo di passaggio

Per la IEA l’idrogeno blu non è solo di passaggio

Per la IEA l’idrogeno blu non è solo di passaggio

Per raggiungere l’obbiettivo ‘net-zero’ – ovvero la cosiddetta neutralità carbonica – entro il 2050, saranno necessari enormi sforzi a livello globale, sia in termini di investimenti sulle energie pulite, che dovranno triplicare rispetto al livello attuale e raggiungere i 4 trilioni di dollari entro il 2030, sia in termini di sviluppo tecnologico.

Secondo il più recente report della IEA (International Energy Agency), infatti, mentre per centrare i target di medio termine fissati al 2030 saranno sostanzialmente sufficienti le tecnologie già oggi mature e disponibili sul mercato, per arrivare a zero emission entro il ventennio successivo sarà necessario il contributo di soluzioni che attualmente sono ancora in fase soltanto prototipale.

L’IEA nel suo dossier definisce quindi una vera e propria road-map, tracciando un percorso che potrebbe portare ad azzerare realmente le emissioni di CO2 entro la metà del secolo, e in cui il contributo dell’idrogeno è determinante.

Guardando al punto di arrivo, l’elettricità sarà diventata il ‘cuore’ del sistema energetico globale coprendo quasi la metà dei consumi complessivi e provenendo il larga misura da fonti rinnovabili, tra le quali la principale sarà il solare.

Ma – ricorda la l’agenzia internazionale con base a Parigi – resterà sempre un gap, e dove non arriverà l’elettrone potrà e dovrà arrivare la molecola di H2, nella forma di idrogeno puro sostituendo i combustibili fossili nell’industria pesante e nella forma di fuel hydrogen-base per lo shipping e l’aviazione.

Nel report l’IEA traccia anche le parabole di evoluzione che la produzione delle diverse forme di idrogeno dovranno intraprendere, partendo appunto dai fuel derivati dall’H2: dagli 87 milioni di tonnellate del 2020, si dovrà arrivare a 212 milioni di tonnellate nel 2030 e fino a 528 milioni di tonnellate nel 2050.

Per quanto riguarda invece l’idrogeno low-carbon, i 9 milioni di tonnellate prodotti nel 2020 dovranno diventare 150 milioni di tonnellate nel 2030 e 520 milioni di tonnellate nel 2050. Un notevole incremento dell’output che sarà caratterizzato da un’inversione dei rapporti di forza tra H2 blu e H2 verde.

Se infatti nel 2020 l’idrogeno blu generato da SRM e CCS costituiva il 95% del totale (considerando sempre le sole varianti a basso contenuto di carbonio, e quindi non quella grigia), il soprasso del verde dovrà essere un dato di fatto acquisito già nel 2030, quando l’H2 prodotto da elettrolisi dovrà costituire il 54% del totale. Infine, nel 2050, il green hydrogen dovrà essere il 62% di tutto l’H2 low-carbon prodotto, con la variante blu che comunque manterrà un ruolo determinante, ancorché non preponderante, costituendo il 38% dell’idrogeno a basso contenuto di carbonio prodotto a livello globale.

Per sviluppare questi volumi di produzione, la capacità globale di elettrolisi, dagli attuali 0,3 GW, dovrà raggiungere gli 850 GW nel 2030 e i 3.600 GW nel 2050, consumando a quel punto il 20% di tutta l’energia elettrica, che originerà per il 95% da rinnovabili, per il 3% dal nucleare e per il 2% da combustibili fossili con CCS. Serviranno poi 925 bcm di gas naturale nel 2050 per produrre l’H2 blu necessario, ovvero il 50% della domanda mondiale di metano, mentre la relativa CO2 catturata sarà pari a 1,8 miliardi di tonnellate.

Per quanto riguarda infine i prezzi, nel 2050 la IEA stima che l’idrogeno blu potrà costare all’incirca 1-2 dollari per Kg (valore su cui il costo del gas naturale pesa per il 15-55%), mentre l’idrogeno verde (sul cui costo i prezzi dell’energia elettrica pesando tra il 50 e l’85%) dagli attuali 3,5-7,5 dollari a Kg dovrebbe raggiungere il range 1,5-3 dollari a Kg nel 2030 e attestarsi tra 1 e 2,5 dollari a Kg nel 2050, sostanzialmente in linea con il ‘rivale’ prodotto tramite SRM e CCS.
 
di Francesco Bottino
 
Fonte: hydronews.it



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