Il piano italiano sull’idrogeno, previsti 10 miliardi di investimenti

Il piano italiano sull’idrogeno, previsti 10 miliardi di investimenti

Il piano italiano sull’idrogeno, previsti 10 miliardi di investimenti

 

Ancora poche settimane, al più tardi all’inizio del 2021, e anche l’Italia avrà la sua strategia nazionale sull’idrogeno. Al Mise gli uomini del viceministro Stefano Buffagni sono al lavoro da agosto per confezionare le prime linee guida, che nei prossimi giorni saranno lasciate al confronto con gli stakeholder. I principali obiettivi della «National hydrogen strategy preliminary guidance» sono delineati: una penetrazione dell’idrogeno sui consumi nazionali di energia del 2% al 2030, con prospettiva 20% al 2050; 5 Gigawatt di elettrolizzatori installati sempre al 2030; investimenti per 10 miliardi di euro suddivisi fifty-fifty con il settore privato; un impatto sull’occupazione di 200mila addetti diretti e indiretti e sul Pil di 27 miliardi addizionali (1,5 punti, ai valori 2019). Più tutti gli effetti sulla filiera e su aree dismesse o in riconversione.

Gli obiettivi Ue

Negli ultimi tempi, sul fronte dell’energia, in Europa si parla molto di idrogeno. A luglio Bruxelles ha reso nota la strategia europea, seguita velocemente da quelle nazionali di Francia, Germania, Spagna, Portogallo e Olanda. Dopo le intese sulle batterie ricaricabili, proprio sull’idrogeno Parigi e Berlino hanno rinsaldato il loro asse energetico. L’Italia, sostengono al Mise, non può più rimanere indietro. Non solo per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, che la Commissione Ue vuole rendere più stringenti aumentando dal 40 al 55-60% il taglio delle emissioni di gas serra al 2030 (sul 1990), ma anche e soprattutto per le opportunità di crescita di una filiera poco sviluppata, che ad oggi copre solo l’1% dei consumi finali di energia. Per di più con idrogeno «grigio», cioè prodotto da fonti fossili.

Spinta sulle rinnovabili

«Abbattere l’inquinamento è una priorità della nostra agenda politica – dice il viceministro allo sviluppo economico Stefano Buffagni – L’idrogeno, oltre alla sua importanza dal punto di vista economico, è un pilastro delle future strategie ambientali ed energetiche globali e rappresenta il futuro green che vogliamo lasciare ai nostri figli». Il suo «colore» è uno dei temi sui quali il governo attuale pare avere una posizione precisa. In sintesi: preferenza e incentivazione a quello «verde» (prodotto con energie rinnovabili e l’idrolisi dell’acqua) ma anche nessun divieto a chi volesse produrre quello «blu» (che usa il metano e poi lo decarbonizza con la «cattura e stoccaggio» della CO2). In altri termini: Enel da una parte, Eni dall’altra. Ad oggi quello verde ha un prezzo che varia tra 5,5 e 11 euro al chilo, ma si stima che debba rapidamente scendere su valori di circa 3 euro al chilo. Quello blu costa tra 3 e 4 euro e dovrebbe rimanere costante. Ciò che è implicito nelle prime linee guida del Mise, quindi, è che sarà necessaria una spinta molto forte alla produzione di energia elettrica «green», frenata finora da vecchi problemi amministrativi e, di recente, anche dalla pandemia. Se l’Ue decidesse di alzare il taglio delle emissioni al 55-60% nel 2030 (come è intenzione di Ursula von der Leyen), il Piano nazionale integrato energia e clima italiano (il Pniec) dovrebbe giocoforza essere aggiornato. Già ora, con quello attuale, servirebbero altri 40 Gigawatt di capacità rinnovabile di qui al 2030, mentre la progressione è intorno a 1-1,5 Gigawatt l’anno. Troppo lenta, appunto.

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